domenica 9 ottobre 2011

Un regalo per Renato

“Caro Renato,
scusa se uso impropriamente le colonne digitali di questa testata per una celebrazione privata, ma ho la pretesa di ritenerti una persona rappresentativa di questa città – anzi, della sua parte migliore – e intendo dunque farti i miei auguri di compleanno – e che compleanno – per riflettere a voce alta sul luogo che ti ha dato i natali, e dove tu trascorri la maggior parte del tempo da esattamente mezzo secolo. Già, le persone che ti conoscono di vista non possono saperlo, ma tu oggi compi 50 anni. “Ma davvero? Ma dai, te avrei dati quaranta” - questi i commenti più diffusi alla notizia del tuo genetliaco. Sì, sei un signore di mezza età, ma sembri un giovanotto.

Quando arranchi nelle stradine di Smallville dietro a quella specie di manzo argentino che ti ostini a considerare il tuo cane, quando subisci l'ennesimo caffè in ghiaccio offerto da un cliente moroso della tua banca, quando dispensi utili consigli ai vigili urbani indecisi se chiamare il carroattrezzi o limitarsi alla multa da 200 euro infilata nel tergicristallo, quando sgommi sulla tangenziale alla ricerca della squadra di calcetto del sabato pomeriggio: ebbene, la gente non sa che dietro il tuo sguardo sbarazzino si celano le diottrie affaticate di un cinquantenne. Mezzo secolo, René, te ne rendi conto? Quando sei (siamo) venuti al mondo la tv aveva appena inaugurato il secondo canale, le immagini giungevano in bianco e nero, ovattate. Ti ricordi? Un certo giorno del 1963 vedemmo i parenti tristi, che piangevano la morte di quel presidente col ciuffo e l'aria libera. Poco dopo gli americani arrivarono sulla luna, e poi Rivera segnò un gol da urlo al povero Mayer frantumatosi dalla parte sbagliata della porta, in quella meravigliosa partita che innalzò l'autostima del nostro popolo fino all'eroismo di massa.

 Per non parlare del mundial del 1982, che ricordiamo nella speciale fragranza del tabacco da pipa del presidente Pertini, del suo sorriso contagioso e partigiano. Noi andavamo già all'università, e ci eravamo lasciati alla spalle le agitazioni del liceo e la nostra insofferenza. Qualche volta mi hai raccontato di quei lontani anni davanti a un bicchiere del nostro oste irlandese, Mark O'Poor. “Si parcheggiava nella piazza del Duomo” - mi dicevi incontrando il mio sguardo incredulo. Eh già, Smallville era un'altra cosa, allora.
Nei nostri paraggi anagrafici si creava un immaginario pieno di fascisti e di compagni, piccole lotte per la sopravvivenza di un'idea militante che si scontrava con le molecolari azioni che intanto trasformavano una cittadina operosa al servizio delle campagne nella cabina di regia di ciò che ancora rendeva bene in provincia. Le tante banche che hai visto sorgere a cavallo tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 che cosa raccontavano se non una destinazione astuta del denaro, nato dal tabacco e dalle tomaie e finito ad alimentare portfoli diversificati, da amministrare con dovizia di furberie da parte dei tanti commercialisti e altri burocrati dell'investimento? Eh sì, Smallville è cambiata, e tanto.
Tu ti sei sempre chiesto perché non si potesse vivere meglio da queste parti, visto che il clima è buono, il cibo eccellente, il mare magnifico e la gente sufficientemente intelligente e a volte persino gentile e disponibile. Già: perché non si poteva – pensavi – dare spazio alle biciclette, moltiplicare il verde pubblico, dotare il centro di buoni collegamenti con la periferia? Perché non si poteva avere una squadra di calcio degna di questo nome, invece che un'equipe schiacciata tra stagioni buone e ridiscese al purgatorio della serie minore? Sono domande di cui tu, persona piuttosto saggia, sai già le risposte.

Quanti ne hai visti che non disponevano di talenti, ma solo di una nascita fortunosa, e che tenevano uno stile di vita da miliardari improvvisati? Ehi René, quante automobili di lusso hai visto guidate da bamboccioni sniffatori buoni al massimo per scroccare una serata a una cubista del capo di Leuca? Quante stagioni hai visto buttate via dai contenziosi tra azienducole capaci però di bloccare pavimentazioni di strade e costruzioni di edifici pubblici? Quanti condomini hai visto crescere dal giorno alla notte negli spazi che un qualsiasi urbanista di medio livello avrebbe giudicato “non adatti all'edificazione”? E quanti complimenti esagerati hai sentito rivolgere a chi si è limitato a intercettare risorse europee per rifare il copriletto al centro storico? Certo, meglio il basolato dell'asfalto. Però quanti cacchio di raccomandazioni ha messo in moto quel correre all'intervento municipale nelle infrastrutture? Quanti giovanotti hai visto morsicarsi le unghie temendo che all'ultimo istante la raccomandazione dello zio prete non giungesse a buon fine per entrare nello staff del presidente della provincia?
E' da cinquantanni, caro Renato, che vedi la tua città con gli occhi di uno che sa di comportarsi tendenzialmente bene, e che – a parte la breve parentesi del sindaco Bellapersona – ha sempre visto susseguirsi signori e signore del centrodestra a tenere il timone della tua città, con tutte le conseguenze di questo genere di egemonia nella disposizione dei servizi e delle risorse, dei profitti e dei conflitti di interesse. Ora hai 50 anni, e vorresti che qualcuno ti facesse un regalo per il tuo compleanno, per sentirti al passo con il tempo che scorre veloce e che alla fine ci fotte tutti. Un bel regalo per te ce l'ho in mente, ma purtroppo non dipende da me. Dare una sistemata a questa città, farla diventare il salotto colto di tutto il Sud, chiamare nella tua città tutti gli ingegni migliori dell'epoca, mettere la bellezza a disposizione di un progetto rivoluzionario: vivere bene senza dover omaggiare nessuno, laicamente e in amicizia. Te lo auguro, vecchio mio, e lo auguro a noi tutti.
Un abbraccio, S.”.