lunedì 27 giugno 2011

La corsa dei sacchi e le primarie delle idee

Dopo l'eccellente vittoria alle elezioni comunali milanesi, napoletane e neretine, poi doppiata dalla strepitosa partecipazione ai referendum che aveva bocciato impietosamente alcune leggi maleodoranti del centrodestra nazionale, l'opinione pubblica progressista di Smallville si aspettava una decisa accelerazione dai partiti del centrosinistra locale in vista delle elezioni amministrative della primavera 2012 con tanto di eventuale nuovo sindaco.

Intercettata nei bar del centro, nelle bollenti nottate delle marine, nelle sudorifere riunioni universitarie, nelle code presso Equitalia per pagare le tasse e in mille altri anfratti della piccola città serpeggiava questa valutazione collettiva: “Speriamo che adesso partiti e partitini del centrosinistra ritornino alla ragione, buttino giù un regolamento per le primarie e convochino una grande assemblea per sentire il parere dei cittadini e delle loro associazioni sull'intero percorso e per fissare definitivamente la data delle primarie”.
Troppo logico.
Infatti la situazione prese tutt'altra piega. Il Partito del Lavoro Complesso disse che era d'accordo sulle primarie e fece un sondaggio su Facebook per capire che candidato del Partito sarebbe stato opportuno presentare alle primarie medesime, ma i risultati furono controversi. Vinse infatti George Clooney davanti a Giacinto Cravatta, segretario locale del Partito. Tuttavia, qualche giorno dopo, quando si diffuse la notizia che Clooney e la Canalis si erano lasciati, molti elettori maschi scrissero che ritiravano il loro voto all'attore perché la loro preferenza nascondeva in realtà la speranza che la Canalis divenisse cittadina leccese, e ora questo auspicio si era consumato leggendo carta da gossip.
Terzo era arrivato Eugenio Bellapersona (e questo aveva preoccupato il nervoso gruppo dirigente, perché Bellapersona non apparteneva al Partito e aveva un suo seguito autonomo in città con tanto di comitato e giovani e ìlari smanettoni pronti alla tenzone). Quarto era arrivato Gino Lobbista, da tempo in campo come restauratore di manifesti sindacali e consulente professionale, quinto Milongo Pasticcione, responsabile autobus del Partito del Lavoro Complesso. Insomma, non era stata una cosa seria.

Sinistra, filantropia e preveggenza diceva: “Sbrighiamoci, sbrighiamoci, per favore sbrighiamoci” e gli altri partiti non si capiva bene cosa pensassero.
Finché un giorno finalmente si seppe. Si tenne infatti una riunione tra i maggiori dirigenti di Italia del Tonino, Partito Anacronista e Partito dei Sopravvissuti, unificati dal fatto di non avere un candidato da dare in pasto alle primarie e quindi di non avere alcuna fretta di disputarle. Alla fine Topazio Trillo, segretario dell'Italia di Tonino, declamò ai giornalisti che i tre partiti volevano delle “primarie delle idee” prima di quelle dei candidati. Furono immediatamente convocati i maggiori esegeti del centrosinistra, i ragazzi dell'Anpi e anche don Juan Pipadehierro per capire cosa volesse dire l'espressione “primarie delle idee”. Ma non si venne a capo di nulla. Finalmente Topazio Trillo (che di norma teneva il telefonino acceso anche durante le conferenze stampa per poter parlare con il proprio orologiaio di fiducia sulle conseguenze dello scirocco sul suo bolide da polso, soprattutto perché temeva che sul quadrante si formassero bollicine in grado di alterare il disegno del volto sanguigno del suo leader nazionale Tonino Tonino, stampigliato sul display), finalmente Topazio Trillo – dicevamo – pur in mezzo a mille interruzioni dell'orologiaio, formulò davanti alla stampa la seguente spiegazione: “Le primarie delle idee consisteranno in progetti di massimo 15 righe dattiloscritte consegnati a mano dai cittadini entro fine giugno”.
Lo sconcerto era grande ma l'occasione era ghiotta. Infatti i cittadini si misero a scrivere come matti, come se non avessero atteso altro da anni. D'altronde alla fine di giugno mancavano solo 3 giorni, e bisognava darsi da fare.

Il 30 di giugno alle ore 23.59 i seggi per le idee vennero chiusi e si diede immediatamente inizio allo spoglio. Già dalla mattina si seppero i risultati. Erano pervenuti 7 progetti, più due poesie in dialetto stralentino che inneggiavano al Reame Stralento e che sembravano opera di disturbo del Movimento Stralento Immanente dell'editore di TeleMiAmo Francesco Patacca, e che furono quindi cestinate dopo aspra discussione. I sette progetti erano i seguenti: 1) copertura del basolato del centro storico con uno strato di 2 millimetri di liquirizia, utile – se opportunamente leccato – ad alzare la pressione agli elettori sofferenti di ipotensione in modo da invogliarli ad andare a votare alle primarie; 2) una carta di identità multipla, in modo da consentire a un singolo elettore di poter votare legalmente in più seggi delle primarie; 3) una penna da seggio con inchiostro simpatico ottenuto dal succo di turcinieddhi, che avrebbe consentito una certa libertà di manovra nella risistemazione delle schede oltre a rilasciare un fragrante aroma negli spazi dei seggi stessi; 4) un progetto di creazione di una serie di “Cicorielle-shop” nei vari quartieri di Smallville, dove si sarebbero vendute dosi di cicoriella pestiferina, i cui effetti – sosteneva l'anonimo estensore del progetto – non erano inferiori a quelli dell'erba albanese di ultima generazione, con il vantaggio della piena legalità della verdura stralentina; 5) un modificatore elettronico di certificati di residenza, che consentiva ad ogni studente universitario fuorisede di poter votare legittimamente alla primarie; 6) un tapis roulant al posto delle piste ciclabili; 7) l'inondazione di piazza del Duomo per svolgere battaglie navali tra la flotta di Smallville e quella dell'odiato capoluogo regionale.

La Giuria delle primarie delle idee, dopo molte ore di discussione, così deliberò: “Dei sette progetti presentati sono stati giudicati idonei alla scelta finale solo quelli che si rivolgono direttamente alla primarie. Ringraziamo gli autori degli altri progetti, che però si rivolgono a pezzi importanti del programma del centrosinistra e non direttamente alla primarie. Alla fine della fiera rimangono sul tavolo i progetti n. 1, 2, 3 e 5. Fra gli autori di questi progetti domenica prossima si svolgerà una corsa dei sacchi lungo la via del Corso Principale. Al vincitore sarà consegnata la Pittula Eolica del grande scultore glocale Lunegru”.
La corsa fu un evento di eccezionale interesse sportivo: tra due ali di folla che lanciavano petali di rose e lampaciuni sottolio, i saltatori nei sacchi procedevano stoici nella calura pomeridiana di Smallville (Topazio Trillo aveva voluto che la gara si svolgesse alle ore 14, perché il suo orologiaio si coricava per la pennica). Alla fine prevalse, per un soffio Doriano Cantelmo (o, come sostengono alcune malelingue, per uno sgambetto di Giacinto Cravatta ai danni di Davide Golìa, proponente il basolato alla liquirizia). Cantelmo era il giovanissimo autore del progetto n. 5, il modificatore elettronico di certificati di residenza per studenti fuorisede.

Stava finalmente per ricevere dalle mani di Topazio Trillo l'agognata Pittula Eolica quando il telefonino di Topazio cominciò a trillare. “Scusate un attimo, torno subito” - disse il segretario dell'Italia di Tonino guardando preoccupato l'orologio pieno di bollicine. I cittadini convenuti e il vincitore si armarono di buona pazienza, ma all'ora di cena sciamarono via delusi e contrariati, perché Topazio Trillo non era più ricomparso. Il suo orologiaio è attualmente ricercato dalla polizia di Smallville.

lunedì 20 giugno 2011

Le fabbriche di Abele e l'onore stralentino

Nell'episodio precedente abbiamo lasciato il Freddo di Maglie, il capo del Partito Populista stralentino, accarezzare l'idea di usare Rocco Siffredi nella prossima campagna elettorale per il sindaco di Smallville. La vicenda conoscerà naturalmente degli sviluppi succulenti su cui non mancheremo di informarvi.
Nel frattempo però nuove evidenze e nuovi eventi bussavano alle porte della nostra bella città. Fatti politici di primaria importanza stavano prendendo forma prima della sospirata pausa estiva (inizio luglio-10 settembre, come nella miglior tradizione tropicalista stralentina).
Vi era stato un clamoroso esito referendario che seguiva il successo del centrosinistra in alcune città importanti, e i candidati di Sinistra, filantropia e preveggenza – il partito di Abele Cuoredoro, presidente della regione di Smallville – erano andati benissimo. Le quotazioni di Cuoredoro erano risalite, e l'uomo che aveva sconfitto il Freddo di Maglie fremeva per competere con il segretario nazionale del Partito del Lavoro Complesso, Piacenzo Bonaccia, nella sfida delle primarie del centrosinistra. Ma l'intero establishment del PLC titubava, e tutti dicevano che sì, naturalmente le primarie si sarebbero fatte, ma per intanto era meglio aspetticchiare, ché tanto il guru di Arcore si stava dando la zappa sui piedi da solo e il clima di opinione stava prendendo una piega centrosinistrica. Per cui stesse manzo, il Cuoredoro, e non scassasse troppo la minchia con i suoi discorsi strappacore che talvolta facevano grattare i dirigenti del Partito del Lavoro Complesso vicino alla tasca dove trillava l'I-phone.
Ma Abele non demordeva. Di notte preparava piani di guerra con Lapo Lapillo, suo consigliere politico fin dai tempi del Partito Anacronistico, in cui militavano entrambi e da cui entrambi erano fuoriusciti per fondare il nuovo partito; di giorno riuniva i sergenti di Sinistra, filantropia e preveggenza in assemblee nazionali dal sapore neo-sacrale, dove spiegava – con una relazione di sole 3 ore e 27 minuti – che il partito, quanto più vinceva, tanto più doveva tenersi pronto a fondersi – ma non troppo – con il Partito del Lavoro Complesso, anzi no, entrambi dovevano tenersi pronti a fondersi con i cittadini e dare vita a qualcosa di nuovo e diverso, e anzi di antico e postmoderno, mantenendo la barra a dritta su un'unica grande, gigantesca questione: prepararsi a dissolvere la forma partito in una sobria miscela di gare di bird-watching e di caccia alla trota con fucile subacqueo caricato a salve, nonché di studi approfonditi sulla poesia sumera e nella contemplazione della bellezza del pomodorino di Altomuro. Lapillo rincarava la dose sostenendo che le “Fabbriche di Abele”, interessanti aggregazioni di popolo divenute la grancassa dell'ultima campagna elettorale di Cuoredoro, potevano benissimo costituire un brevetto vincente per Ikea ma non certo un nuovo luogo della politica. Anche se Lapillo il giorno seguente accusò certa stampa di aver travisato le sue dichiarazioni, in effetti erano in corso trattative segrete tra la prima Fabbrica di Abele – quella del capoluogo regionale – e il brand svedese, interessato a mettere in una scatola di medie dimensioni un kit smontabile costituito da: una caraffa di acqua di Terlazzi (patria di Cuoredoro), una sala riunioni circolare e produttrice di egualitarismo, una copia del contratto dei metalmeccanici non firmato dalla Fiom, una pala eolica di ultima generazione e una parrucca che simulava la pettinatura un po' dottor Spock di Abele Cuoredoro.
Le ripercussioni di questo clima agitato sulla campagna elettorale di Smallville non erano molto chiare. Certamente la proposta delle primarie locali era stata caldeggiata dalla locale sezione di Sinistra, filantropia e preveggenza, e anche il Partito del Lavoro Complesso aveva finalmente convocato la stampa per dire che le primarie erano indispensabili. In campo, però, c'era per ora solo Eugenio Bellapersona, candidato della società civile e simpatizzante di Cuoredoro. Fino a che non si fosse ufficializzata un'altra candidatura, le primarie avrebbero avuto lo stesso appeal di un gelato appoggiato su un termosifone acceso.
***

Non possiamo d'altronde dimenticare di citare l'ultima performance di Francesco Patacca, patron di TeleMiAmo, da mesi in campo con i suoi Comitati per il Reame Stralento. Ormai Patacca, tormentato dalle apparizioni di San Giuseppe da Copertino, aveva gettato la maschera: incapace di giungere al referendum per il Reame Stralento, stava puntando tutto sulla campagna per il sindaco di Smallville. Era convinto di far credere ai confusi leader politici di ogni schieramento che possedeva un pacchetto di circa 500mila voti (più di cinque volte gli abitanti di Smallville), suddivisi in un migliaio di liste, tra cui spiccavano “Smallville mammeta e tu”, “Gli Smallvillesi”, “Stralentu- Resto del Mondo:1-0”, “Passionaccia Stralentina”, “Pittule e Mieru” e la lista civetta “L'acchiappagonzi”. Patacca si presentò nel suo completo di pelle di turcinieddhu all'Hotel Ospeteck di Smallville e pronunziò un densissimo discorso di 7 minuti di cui riportiamo i passaggi salienti: “Stralentini e stralentine, eccomi finalmente a voi. (…) La vostra età media è sinonimo di saggezza e passione, infatti voi ardete di entusiasmo per il Reame Stralento e noi intendiamo usare il vostro calore per alimentare una centrale elettrica che porterà luce in tutta la provincia, e forse anche a Malta e a Ibiza. (…) Non ci fermeranno nemmeno con le cannonate, e se anche ci bombarderanno noi risponderemo con alitate al gusto di lampaciuni che come è noto tirano giù anche gli elicotteri di Calatina e, probabilmente, anche i fili del filobus, che a noi non piace e che vogliamo sostituire con un servizio di mini-pony regalati a ogni bambino stralentino. I soldi? Non servono. E' noto che i mini-pony non esistono, quindi come comprarli? (…) Stralentine e stralentini, il nostro mondo è l'immaginazione, e l'immaginazione è un parco, anzi tre, alle porte di Smallville, pieni di fanghi sulfurei dove immergersi anche nella notte di San Martino, in cui le famiglie stralentine, dopo la sbornia, andranno a coricarsi se lo vorranno, oppure ne faranno a meno, perché noi crediamo nella libertà e non nel “nonsipuotismo” e nemmeno nel “nonsivorrismo” e nemmenissimo nel “nonsidovrismo”. (…) No, noi piuttosto pensiamo di riciclare i rifiuti delle famiglie stralentine attraverso una raccolta differenziata molto innovativa, in cui saranno raccolte da una parte le crianze autenticamente stralentine e dall'altra i cibi andati a male provenienti da marchi extraregionali. La raccolta sarà organizzata dalla Polizia Reale, diretta da me e da Bettino Teschio, il mio miglior polemista. Scovando una famiglia non virtuosa, Teschio la trasporterà a TeleMiAmo e darà vita a una processo rieducativo in diretta, che avrà il suo acme nella Prova della Pasta di Mandorle. Chi non riuscirà a ingurgitare almeno 6 chili di pasta di mandorle sarà avviato all'istituto rieducativo Oronzo Frisa, dove verrà impegnato nella costruzione della nuovissima pista ciclabile in fibra di patata di Gallipoli all'interno dell'anfiteatro greco. (…) Viva le nostre tradizioni, viva la stralentinità, viva la smallvillità, viva i fabbri del nostro destino, viva i calzolai dei propri tacchi, morte al Tacco d'Italia”. Sul fondale del palco, con eccezionale perizia, era stato dipinto il formidabile slogan “Onore e dinero”.

sabato 11 giugno 2011

L'ossessione del Freddo

Nello studio di Irnerio Castromediano, celebre psicanalista di origine stralentina residente in Roma, il Freddo di Maglie, capo del locale Partito Populista, faticava ad aprire bocca. Il Freddo non riusciva a distogliere lo sguardo da una scultura in pietra di Smallville dell'artista Lunegru, la costosissima “Questa non è una pìttula”. Alla base dell'oggetto c'era una targhetta in bronzo con il titolo, tanto per non sbagliarsi e per non costringere il contemplatore a spremersi troppo le meningi. Castromediano aveva collocato l'opera (altezza m. 1,85, più o meno l'altezza del Freddo) vicino all'ampia finestra dello studio. La non-pìttula prendeva il sole della capitale dalla finestra e lo spandeva nella stanza, solenne e giallastro. Il Freddo sembrava rapito e afasico.
“Ci risiamo eh?” - disse infine Irnerio Castromediano sperando di far breccia nel caos calmo del Freddo.
Il giovanotto di età indefinibile distolse lo sguardo dal capolavoro e fissò lo psicanalista per qualche secondo, poi sospirò piano.
Castromediano aveva ragione. Era uno di quei periodi in cui il Freddo si svegliava la mattina leggermente sudato e con il cervello che gli batteva di fitte dolorose. Inizialmente il disagio sembrava consistere in una sola domanda: “Perché diavolo mi sono messo in politica quando avevo 11 anni?” Poi però le sinapsi si arrotolavano e sbattevano l'una sull'altra, producendo nuovi interrogativi: “Perché sono circondato da imbecilli? Perché il vento del Belpaese sembra cambiato? Perché esiste ancora il governo nazionale? Perché anche oggi dovrò rispondere a 36 telefonate, di cui 35 dall'amato Stralento, dove personaggi che mi dimostrano grande confidenza e di cui io non ricordo il cognome mi chiedono chi una raccomandazione per far cantare alle figlie Faccetta Nera nel coro delle Marcelline, chi 40 mila euro in prestito, chi l'eliminazione dalla cartina geografica del capoluogo regionale, chi l'appalto per un centro di “Tamburello e benessere”, chi il via libera per un iper-mercato dentro il Duomo di Smallville? Perché Abelarda Semprevispa è sempre in pista per rompermi gli zebedei? Perché non riesco a disintegrarla? Perché i miei candidati sono così ciucci? Perché non posso tornare indietro e riprendermi la mia giovinezza, svaporata nei consigli comunali stralentini e nelle riunioni tra capibastone?” Giunto all'ultima domanda il Freddo capiva che non poteva continuare a tormentarsi. La sua giornata lo attendeva piena di impegni ineludibili, e non poteva certo cedere alla depressione. Anche quella mattina si era tirato su dal letto e aveva cominciato a pedalare. Era il Freddo ed era il capo del sistema stralentino. Come prima cosa, però, fece telefonare dalla segretaria allo strizzacervelli. Dall'altra parte avevano detto che quel pomeriggio il dottore era pieno, ma una volta che la segretaria del Freddo ebbe sillabato nome e cognome del capo del Partito Populista Magliese un'oretta venne fuori come per incanto.

“Ci risiamo eh?” - aveva chiesto Irnerio Castromediano.
“Lei con me questo tono non lo usa” - replicò piatto il Freddo.
“Almeno questa volta ha aperto bocca” - pensò sollevato lo psicanalista.
“Di cosa vuole parlarmi?” - chiese Castromediano sorvolando sul tono del Freddo.
“Di 'sta minchia” - aveva pensato il Freddo in automatico.
“C'è sempre quel sogno” - disse invece il politico.
“Ah, di nuovo” - sottolineò lo psicanalista preoccupato.
“Questa volta ho sognato che io e lui eravamo in classe insieme. Io e i miei amici gli rendevamo la vita impossibile, gli strappavamo l'orecchino e lo davamo in pasto a un cane mettendolo dentro a una polpetta, gli bruciavamo la bella copia del compito di italiano prima che potesse consegnarla, gli stracciavamo i libri, gli facevamo il verso quando veniva interrogato” - proferì estatico il Freddo.
“Beh – azzardò Castromediano – mi sembra una dinamica diversa dal solito”. Riguardando i suoi appunti aveva visto che le ultime sedute erano state dedicate a cavare di bocca qualche parola al Freddo. Il politico continuava a sognare che Abele Cuoredoro, presidente della Regione di Smallville e leader di Sinistra, Filantropia e Preveggenza era il padrino del figlio del Freddo e partecipava al battesimo come se fosse uno di famiglia. L'idea era così mostruosa che il Freddo, dopo aver stentatamente esposto il sogno, si chiudeva a riccio. Il racconto odierno sembrava avere un carattere diverso.
“Il finale però non è bello. Ci sono le elezioni per i rappresentanti di classe e lui mi batte per un voto”. E il Freddo si produsse in un nuovo, lungo sospiro.
“Ah” - fece didascalico Castromediano.
“Beh, la nostra oretta anche per oggi è finita” - proseguì professionale dando un'occhiata al tassametro che aveva in quell'istante toccato quota 1000 euro, cioè la tariffa oraria. “Però sembra che il prossimo paziente sia in ritardo. Se vuole facciamo due chiacchiere informali. Ho saputo che anche voi di centrodestra volete fare le primarie per il sindaco di Smallville” - aggiunse con interesse.
“La fessa di mammeta” - pensò il Freddo in automatico. Invece disse: “Sì. Solo che non ho un vero candidato”.
“Ma come?” - chiese lo psicanalista - “E Alvaro Giovinotto?”
“Sì, va beh. Ma io avrei bisogno di uno con gli zebedei d'acciaio”.
In quel mentre bussarono alla porta. Era il prossimo paziente.
“Ah è lei Rocco. Le presento il minis...”
“E chi non lo conosce? Piacere mio, Siffredi. Per servirla” - proruppe la pornostar con un tono diretto.
Mentre gli stringeva la mano al Freddo si accese d'un tratto una lampadina nel cervello.

domenica 5 giugno 2011

Il sacrificio di Pablo Pasticca

“Insomma” - disse tra sé Protagora Quadro, rappresentante istituzionale del Partito del Lavoro Complesso in seno al Consiglio comunale di Smallville, assaporando il primo pasticciotto della giornata - “Qui non si batte chiodo. La campagna elettorale per il nuovo sindaco sta per partire e nessuno mi ha ancora proposto di ricandidarmi. Che vorrà dire?”

Era in effetti assai strano che nessuno fosse accorso a incoronare sul campo un uomo politico di così evidente talento, capace di emergere dalle primarie del centrosinistra di cinque anni prima scavalcando inaspettatamente Fiona Mastinu, che prima di diventare un pezzo da ottantacinque della giunta regionale e del Partito del Lavoro Complesso era stata esponente di punta del Carciofino, formazione post-democristianissima. Che Protagora Quadro avesse superato la tosta Mastinu alle primarie pare fosse dovuto ai buoni uffici anti-Mastinu di Yanez Webtv, impreditore figlio di Don Ciccio Webtv, capace di spedire a votare per Quadro 34 armadilli, 876 panda e 99 posse tutti con regolare certificato di nazionalità stralentina e tutti appartenenti allo zoo creato dal leggendario Don Ciccio Webtv nelle campagne di Perendugno. All'epoca Fiona Mastinu si astenne dal denunciare i brogli perché temeva la reazione rabbiosa della Lega per i Diritti di Voto agli Animali in Via di Estinzione, associazione molto potente tra le mura dei condomini della 167 di Smallville.

Anche grazie agli armadilli, ai panda e alle posse Protagora Quadro era diventato il candidato sindaco di Smallville e, dopo una campagna elettorale piuttosto confusa e pallosissima, fu capace di beccarle nei denti da Alvaro Giovinotto, rockabilly locale voluto dal Freddo di Maglie, il capo del Partito Populista. Dopo la sconfitta, erano seguiti cinque anni di opposizione tropicalista, fatta di spremute di turcinieddhi e di anice stralentino; un'opposizione talmente reattiva e grintosa da meritarsi su un quotidiano locale la seguente similitudine: “(…) l'opposizione nel Consiglio comunale ricorda uno scolapasta gettato nelle sabbie mobili”.

Eppure Protagora Quadro continuava a non spiegarsi come mai nessuno – forse nemmeno nel suo partito – avesse pensato a ricandidarlo. Non era d'altronde l'unico a soffrire di questa sindrome, poi definita “sindrome del funzionario incompreso”(S.F.I). Lo psicanalista lacaniano Recalcati aveva da poco dedicato alla S.F.I. un importante saggio (L'ingranaggio scattariciato, 2011), che si concludeva con la prospettiva di sottoporre gli affetti da S.F.I. a lavori artigianali e a lunghe sessioni di burraco, sottraendoli al loro melanconico (e per essi incomprensibile) tramonto politico.

D'altronde l'incomprensione era propria di molti esponenti di quel partito, che si fronteggiavano come bande rivali nella Firenze dantesca o nel Paleolitico Superiore. Ma ormai la S.F.I. era sulle bocche di tutti, e i dirigenti del Partito del Lavoro Complesso, pur desiderando tutti intimamente il bene della società e profonde riforme di struttura, mettevano al primo punto della loro giornata politica la maldicenza e la disintegrazione della fazione avversa.

Mettevano insieme tavoli e salotti per discutere con gli altri partiti della coalizione di centrosinistra il programma e i candidati, ma poi si inventavano possibili alleanze con i cattolici moderati o persino con Abelarda Semprevispa del Partito IoSì (e tu non so) giusto per rendere più difficile la vita a chi, nel loro stesso partito, avrebbe trovato logico rimanere nel centrosinistra e far scegliere agli elettori il candidato sindaco attraverso le primarie.

Venne il giorno in cui anche i capi-tribù ammisero i propri deficit e si espressero a grande maggioranza sulla diagnosi. Si trattava di malocchio stralentino dei più pervicaci. Occorreva agire subito e in profondità. Venne interpellato Don Juan Pipadehierro, sciamano radical-chic e giurista di razza, per un consulto. “Ma che consulto e consulto!” - sbottò il vegliardo hidalgo -

“qui bisogna intervenire con un rito di massa e un sacrificio umano. Procuratemi un giovane scapolo del Partito e una linea wi-fi”. Frate Mastinu, segretario locale del Partito del Lavoro Complesso e noto eremita, alla fine esaudì i desideri di Don Juan il quale, soddisfatto, diede appuntamento a tutti i membri della Direzione del partito presso un menhir di Giuggianello, ad un'ora molto tarda. La luna brillava nel cielo stralentino, e la scena era suggestiva: Don Juan, abbigliato come un sacerdote messapico, recitava lentamente la Costituzione, accompagnato dalla Direzione del Partito. Protagora Quadro avrebbe preferito un paio di strofe dell'inno nazionale tanto per far prima, ma la sua proposta suscitò il disprezzo di Pipadehierro. All'articolo 84 era tutto finito, proprio mentre albeggiava. A quel punto Don Juan fece un cenno a Frate Mastinu, che trascinò con sé un giovanotto. Era costui Pablo Pasticca, cocalero colombiano emigrato in Italia e divenuto brillante organizzatore politico-culturale dopo che Don Ciotti, a cui Pasticca aveva per sbaglio pestato un piede in un autobus di Torino, lo aveva riempito di sganassoni e di male parole. Pasticca aveva avuto la sua illuminazione, ed era diventato uno dei più fedeli collaboratori di Don Ciotti.

“Eccoti il giovane che hai chiesto al Partito” - disse Frate Mastinu con voce commossa.

“Azionate il wi-fi” - rispose Don Juan fissando il Pasticca con un certo disgusto.

“Aprite la pagina del suo profilo Facebook”. Pasticca cominciò a sudare. “Ora, nostra giovine promessa, serve il tuo sacrificio per il nostro Partito. Cancella una a una tutta le cazzate che hai postato sul tuo profilo dal 2008 ad oggi”. Pasticca impallidì. Poi ebbe una crisi epilettica. Poi si appellò al secondo emendamento, ma sbagliò citazione e Pipadehierro lo fulminò con lo sguardo. Infine, piangendo, obbedì.

Il suo profilo, quando ormai il sole splendeva in Giuggianello, era limpido e bianco come il pavimento dell'ospedale di Gagliano del Capo.

Il rito era terminato. Ora il Partito poteva sperare in un futuro migliore. Si abbracciarono tutti, chi piangendo chi mangiando pasticciotti Obama. Solo Equo Solidale, il segretario regionale del Partito, stava appartato. Si avvicinò silenzioso a Don Juan e sbirciò la copia della Costituzione testè recitata, perché il fatto che l'ultimo articolo fosse il numero 84 lo aveva insospettito. Ebbe un sussulto e insieme una tragica conferma: Pipadehierro non aveva recitato la Costituzione, ma lo Statuto Albertino.

Sullo sfondo si sentivano gli echi della voce dimessa di Pablo Pasticca. “E pensare – si lamentava – che non sono mai stato iscritto al Partito”.